Per il diritto industriale è una cosa che renderebbe nulla qualsiasi assemblea e anche qualsiasi contratto, ma ho controllato e di fatti è solo sul filo del rasoio: Secono Trib. di Genova 29/6/99 la voce “varie ed eventuali” non comprende atti negoziali, ma si riferisce solamente a comunicazioni, suggerimenti per future assemblee, solleciti, prospettazioni di problemi da istruire, risposte dell’amministratore e così via. Non ne capisco il motivo, in quanto non serve mettere a verbale discussioni non inerenti ai punti dell'assemblea, nessuno vieta i parlare del più e del meno durante un assemblea e il mettere a verbale che non è corretto. La delibera assunta comunque potrebbe rivelarsi annullabile e quindi soggetta al termine di impugnazione previsto dall’art. 1137 cod.civ., decorso il quale la delibera non può più essere contestata. Rimango di questo parere, e penso sia più una vecchia tradizione come molte cose assurde che ruotano attorno al mondo del condominio. Quindi una consuetudine per il diritto e una cattiva abitudine per me. Le foni del diritto italiano hanno gerarchia è molto chiara: - Costituzione
- Leggi costituzionali
- Leggi ordinarie
- Atti aventi forza di legge
- Decreti legge
- Decreti legislativi
- Leggi regionali
- Regolamenti dell’esecutivo
- Regolamenti degli enti locali
- Consuetudine
In esse non trovo decisioni di tribunali o di cassazione. La consuetudine è sempre all’ultimo posto e soggetta a forte gerarchia, ovvero non può essere contraria alle fonti superiori. Un “varie ed eventuali” lede il diritto d’essere informato e quindi di prepararsi all’argomento che si discute e questo può anche essere la decisione di andare a “mangiare la pizza” con tutti gli altri condomini. |